Se c’è un campo in cui il Nostro Istituto sicuramente eccelle, è quello dei numeri. Molti potrebbero non vederli di buon occhio, eppure i numeri ci assistono nella maggior parte dei casi, sia che si tratti di un complesso codice o che si faccia una semplice conta. Le persone hanno fatto uso dei numeri persino prima della creazione di un sistema di scrittura ed essi  sono stati le fondamenta del progresso e della civilizzazione umani. Eppure non tutti i popoli, indifferentemente da espansioni architettoniche e aritmetiche, furono a conoscenza di quello che è probabilmente il numero più importante: Zero. In effetti, a voler andare a fondo della questione, si tratta certamente di una stranezza, una storia tanto stravagante quanto il numero stesso. Da una parte, ci sono stati sostituti e tappabuchi della cifra creati da culture ormai perdute, come quella degli Egizi o dei  Babilonesi. Dall’altra, gli antichi classici hanno riflettuto sulla semplice esistenza dello zero, che fu oggetto di lunghe discussioni filosofiche. I Greci hanno persino inventato quella che può essere considerata la prima apparizione scritta del numero zero. La nostra penisola, invece, è entrata in contatto con  questa interessante cifra grazie a Leonardo Pisano, conosciuto anche come Fibonacci, nel 1202. Lo zero gli venne insegnato mentre studiava nel Nord Africa da dei brillanti matematici arabi, che lo chiamarono sifr e che a loro volta l’avevano appreso da astronomi indiani. Da sifr, Fibonacci gli diede il nome di  zefiro, simile a zephyrus, una corrente leggera proveniente da Ovest, dal momento che il suono che emettevano gli Arabi gli ricordava il nome di questo vento. Più tardi, questa cifra fondamentale, che modificò permanentemente e da sola il nostro sistema numerico, ottenne il nome che tutti noi conosciamo: “zero”.

Una grande storia per ciò che, essenzialmente, non rappresenta niente.

Di: Micheal Joseph Carè – 4BIA

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