LA VALENZA ARTISTICA DEL VIDEOGIOCO

Ormai da tempo è sdoganata l’importanza del videogioco nel panorama dell’espressione artistica che, attraverso un media così diverso dal cinema o dalla scrittura, riesce a veicolare una moltitudine  di concetti con altrettante sfumature.

Colpa o merito dei titoli più mainstream, l’enorme ed incedente fama del videogioco (che a livello di incassi ha superato di gran lunga la buona vecchia pellicola), ne stereotipizza il contenuto, che viene spesso associato a qualcosa di frivolo e bambinesco.

Non è semplice per chi non ha familiarità col videogioco capire quanto artisticamente possa spaziare.

Il gameplay, ovvero lo stesso atto di videogiocare, è il fattore che discerne e lo rende così diverso  dai media più tradizionali.

La fruizione del contenuto non viene passivamente subita dall’utente, bensì quest’ultimo attinge a piena mano all’opera e la modifica in modo univoco, trasformandola in qualcosa di diverso e, soprattutto, di nuovo.

Se possiamo vedere il cinema e i libri come un disegno di cui unire i puntini, il videogioco è un’immagine da colorare, dove è il giocatore che decide da dove iniziare, i colori da usare, e, se vuole, uscire fuori dai bordi.

Un discorso così astratto non può che sembrare un enorme volo pindarico ai meno avvezzi, quindi credo sia più che opportuno rendere tutto più concreto con degli esempi.

Partirei dagli sforzi compiuti nel non così lontano 1998 da Hideo Kojima in Metal Gear Solid.

Creativo ancora amato nel panorama videoludico, Hideo fu tra i primi a sperimentare con successo l’utilizzo della cinematografia come ausilio al gameplay, sceneggiando una storia complessa e adulta che non più mirava ai cabinati delle salagiochi, ma piuttosto ai salotti dei compratori.

Metal Gear Solid è manifesto della peculiare espressione artistica di cui il media può vantarsi. Esempio principe è il momento in cui un nemico, in un suo dialogo, legge l’hard disk del videogiocatore, schernendolo a seconda dei giochi presenti nella memoria.

Sempre questo nemico ci chiederà poi di posare il joypad a terra e, fingendosi un prestigiatore, dirà di poterlo muovere.

Questo effettivamente accadrà grazie alla allora nuova-introdotta tecnologia di vibrazione. Tutto ciò può sembrare basilare oggi ma, ad un ragazzo degli anni Novanta, sarà sembrato pura magia.

Metal Gear Solid (1998), Konami. Boss fight di Psycho Mantis

Questo modo di raccontare la creatività dell’autore non può essere raggiunta né dal cinema, né sicuramente dal libro che, costretto nei suoi binari, non può concedersi questa libertà.

Anche la flessibilità delle sceneggiature possibili è incredibilmente vasta.

Sono molti i videogiochi in cui la storia muta, cambia in modo drastico, o a volte semplicemente termina, a seconda delle scelte che il giocatore prende, permettendogli di giocare di ruolo.

Anche il personaggio giocante è spesso personalizzabile.

È soprattutto il panorama indie a far valere questi concetti, essendo fuori dal giogo capitalista che un’industria così remunerativa può avere. Non è facile spiegare a parole la bellezza onirica di titoli come Journey o il grottesco impressionismo di Inside.

Journey (2012), Thatgamecompany | Inside (2016), Playdeads

Alcune opere puntano al perfezionamento del gameplay, che, grazie al level design, (in sostanza lo studio del design di gioco volto a rendere il più soddisfacente possibile l’esperienza dell’utente), può essere considerato arte, come il lavoro metodico di un architetto.

Mentre altre accantonano la multimedialità, lasciando spazio alla musica, all’ambientazione e alla storia, cercando di attingere alle sensazioni più viscerali del giocatore.

Poi ci sono alcune opere, degne dell’epiteto di capolavoro che, con profonda maestria, riescono in un  perfetto connubio delle due. (Es. Hollow Knight)

Hollow Knight (2017), Team Cherry

La “bolla” del videogioco continua ad espandersi e non dà segni di voler esplodere.

È quindi un peccato perdersi una corrente artistica così forte ed impetuosa snobbandola ad un semplice passatempo per ragazzi. Le possibilità sono infinite per un media così verticale ed altrettanto acerbo.

“A game is the complete exploration of freedom within a restrictive environment.” Vineet Raj Kapoor.”

 

Di: Alessandro Sellani, ITTagram

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