Ci hai mai creduto?
Io no…
Sei una bella ragazza, non puoi avere nulla.
Sì, mi è stato detto, e non poche volte.
Alcune persone cercano di “aiutarci”, ma quante volte ci riescono davvero?
Un’affermazione così come può aiutare?
Ti chiedono come stai? E tu rispondi: “bene…”, ma la vera riposta sarebbe troppo lunga perché, alla fine, non lo sappiamo con certezza nemmeno noi, quindi prendi un bel respiro “privo di aria” e dai la stessa risposta di sempre.
Avresti voluto urlare, ma non lo hai fatto.
Dentro di te continui a chiederti se a loro sarebbe interessata veramente la risposta. E pensi tra te e te: “A chi importa di me?”
Non sto bene, ecco, l’ho detto finalmente. È stato difficile? Sì, in una maniera indescrivibile, ma ne è valsa la pena? Sì…
Quella terrificante sensazione di nausea quando ti guardi allo specchio ed iniziano a tremarti le mani e le gambe, ed i tuoi occhi si riempiono di lacrime, lacrime silenziose, perché non vuoi che qualcuno ti possa sentire attraverso la porta; quel pezzo di legno che separa il mondo esterno dalla stanza della sofferenza.
La mia stanza è la mia camera, dove mi rifugiavo, ed alcune volte ancora adesso, nei momenti di panico, quei momenti… momenti in cui ti manca il fiato e ti si crea il nodo in gola.
Momenti di vuoto, ma pesanti.
Momenti silenziosi, ma assordanti.
Momenti in cui avresti voluto fermare il tempo.
Passerà, il tempo aggiusta, ma hai mai pensato di porre fine a quel tempo? Fa paura, tanta paura, ma la vita fa male, certo non a tutti, ma quando non riesci a vedere quel bicchiere mezzo pieno, nessuno può mettere neanche una goccia di più per farti cambiare idea, se non tu. Sì sì, proprio tu.
Lo so è molto facile a dirsi, ma lentamente tutto si può fare. Piano piano si raggiungono anche gli obiettivi più alti.
Non correre, perché potresti cadere, e per esperienza posso dirti che è doloroso stare per terra e non riuscire a rialzarsi.
Io ero caduta, ed ogni giorno andavo sempre più giù, perché avevo capito che stando per terra mi sentivo meglio. Ma che avevo capito? Ero offuscata, convinta che lì fosse più comodo, mi piaceva così… mi piacevo così.
Pensavo che i miei ragionamenti fossero giusti, pensavo di fare la cosa migliore per me.
Ma era la peggiore.
Privarsi di un pranzo con le amiche, di una festa di compleanno, di un giro pizza con i colleghi.
Pensare che per poter mangiare mezza pizza avrei dovuto privarmi di qualsiasi fonte calorica per il resto del tempo.
Allenarmi con strati di vestiti, perché così facendo avrei perso più calorie, anche in estate con 40 gradi.
Perdere otto chili e mezzo in uno/due mesi e non essere contenta. La fissazione di voler perdere chili e chili, perché quando ti pesi costantemente, vuoi veder scendere quel numero sulla bilancia.
Ma come calava quello, anche il mio sorriso, la mia felicità e il mio stato d’animo reagivano di conseguenza allo stesso modo.
Come dice Maddie Zahm nella sua canzone “Fat Funny Friend”: “…loro non possono rispecchiarsi nel modo in cui ho disegnato con il pennarello il luogo dove voglio tagliare con le forbici…”
Questo è proprio quello che avrei voluto fare: eliminare le parti di me che non potevo sopportare. Quelle parti di troppo che ai miei occhi mi rovinavano.
Cosa stavo diventando? Schiava delle mie paure, timorosa di esse.
Però mi sono rialzata. A volte inciampo, mi cedono le gambe, ma alla fine sto in piedi, anche se zoppicando.
A volte abbiamo bisogno di essere compresi, ma a chi lo possiamo dire? Portare il peso da soli di una cosa così pesante è troppo difficile.
Sono sensibile, non debole.
Dico sempre a tutti che si devono amare, ma io? Io non ci riesco sempre, a volte sì, a volte no, ma è già un inizio.
E adesso ci credi?
Di: Valentina Fiorelli 3ABS – A.S. 2023/2024