“Tutta l’infelicità dell’uomo sta nel non saper restare quieti in una stanza”: è così che Blaise Pascal definisce la noia.
In una società moderna come la nostra, sovraesposta a moltissimi stimoli, la parola noia non può far altro che suscitarci sensazioni soffocanti.
Ma cos’è la noia?
Nel dizionario di Filosofia viene descritta come una condizione, transitoria o duratura, di insoddisfazione frustrante, di indifferenza inquieta e disaffezione dolorosa verso una realtà esperita come priva di significato.
Immaginiamo quindi di vivere nell’epoca dell’intrattenimento costante e iperstimolante, quale dissennato sceglierebbe volontariamente di annoiarsi e di vivere emozioni così deprimenti?!
Sicuramente qualcuno che ha incontrato se stesso!
In un mondo dove ci vogliono sempre più addormentati, permettiamo ogni giorno di servici qualsiasi tipologia di “anestetico” come antidoto alla monotonia, affinché ci allontani il più possibile da noi stessi.
Il rischio però è che stiamo lentamente diventando delle macchine che si alimentano di soli piaceri effimeri e temporanei, alla ricerca continua di situazioni appaganti ed euforiche, evitando come la peste stati emotivi spiacevoli come la rabbia, l’ansia, il dolore e la noia, con l’elevata probabilità di non essere più in grado di affrontarli.
Ci basti pensare che, per questa società tossica, impiegare il tempo con se stessi a non fare nulla è considerato tempo perso e da alienati.
Fateci caso, quante persone vediamo riempire i buchi vuoti della giornata con sigarette, alcool, social, cibo, shopping e altre distrazioni? Tantissime.
Mentre quante sono quelle che riescono a stare ferme e in pace con se stesse? Vi lascio meditare…
Un tempo le persone erano obbligate ad intrattenersi con i propri pensieri e con i propri dolori.
Gli artisti, i poeti, gli scrittori di una volta, di fatti, ci hanno insegnato a vivere e a trasformare le emozioni negative in libri, poesie, quadri, ma sembra che lo abbiamo dimenticato.
Oggi ci basta scrollare il dito per ore su un piccolo schermo per attenuare i nostri disagi. O almeno per fingere di averli superati.
Non siamo consapevoli di stare vendendo i nostri talenti, la nostra creatività e l’originalità che ci diversifica, per essere solo dei miseri consumatori, rinunciando in tal modo per sempre alle persone che potremmo diventare.
Perché dunque non riusciamo ad affrontare la noia?
Semplice, abbiamo paura di tutto ciò che potrebbe suscitarci.
La noia è quello stato d’animo che, se non abbiamo appreso a sostare con la solitudine, è in grado di mostrarci ferocemente pareti buie irrisolte della nostra anima, e lo fa con la più crudele delle torture: il silenzio.
Il silenzio è uno spazio vuoto dove il nulla è sovrano.
Non c’è esistenza negli spazi vuoti.
Nel silenzio tutte le nostre identità illusorie cessano di esistere, tutto è dissolto, e le certezze a cui ci aggrappiamo per sopravvivere ci abbandonano.
Nel silenzio siamo costretti a divenire sconosciuti, invisibili, vulnerabili, non possiamo giocare a nessun ruolo di fantasia. Le definizioni che ci siamo appiccicati durante tutta la nostra vita si disperdono come ceneri al vento, diventando tutt’uno con il nulla.
Il silenzio rimbomba il suono di stanze interne abbandonate.
Il silenzio divora gli abiti che ci siamo minuziosamente ritagliati e incollati, lasciandoci nudi al freddo.
Il silenzio suona il canto dei mostri che ci dimorano.
Il silenzio costringe il controllo alla resa.
Il nostro orgoglio non potrebbe mai permetterlo.
Per la nostra paura è necessario il mantenimento della nostra personalità immaginaria e, per farlo, va alla ricerca di qualsiasi “sedativo” per appianare la sensazione di vuoto che la parte più autentica di noi genera.
Ecco perché preferiamo riempirci, stordirci e sedarci di piaceri scadenti e illusori pur di non incontrare tali sentimenti.
Non siamo disposti a perderci e a svanire nell’oscurità del vuoto.
E così, poco a poco, abbiamo imparato a rimpiazzare il silenzio col rumore, con voci inutili di sottofondo, nello scopo di custodire e salvare tutte le nostre certezze.
Potremmo pensare che sia un’ottima soluzione, se non fosse che non possiamo fuggire a lungo da noi stessi.
Sciocchi, infatti, quanto inutili, saranno i nostri tentativi di sottrarci al richiamo della nostra essenza.
Nessun lenitivo sarà mai potente quanto le grida della nostra anima: essa si presenterà sempre più forte ogni qualvolta torneremo “lucidi”.
Questa condotta ci distanzierà dal provare la meravigliosa sensazione di nudità dinanzi all’oblio.
Cosa succederebbe invece se ci lasciassimo pervadere dal silenzio?
Scopriremmo, forse, di non avere potere di fronte all’ignoto.
Incontreremmo la vera paura che ci invaderà fino a non sentire nulla.
Il nostro eccessivo controllo scomparirà nel nero cosmico lasciandoci senza meta.
Diventeremmo corpi fragili, sottili, ma puliti da ogni giudizio.
Guariremmo da ogni singola ferita, anche da quelle più sanguinose.
Diverremmo luce nelle tenebre di chi ci sta intorno.
Torneremmo ad essere innocenti come neonati.
Ed alfine proveremmo l’amore di chi si è finalmente incontrato.
Questa è l’unica strada da percorrere verso la libertà.
Permettere a noi stessi di vivere stati emozionali scomodi come la noia, ci permetterà di mutare insieme all’incessante energia cosmica che alberga dentro di noi, ma soprattutto ci farà conoscere l’autenticità che ci siamo dimenticati di essere.
Dovremmo avere il coraggio di cadere nel vuoto piuttosto che permanere a galla su superfici invisibili.
Dovremmo lasciare che la noia ci turbi a tal punto da non riconoscerci più.
Concedere al potere del mistero di attraversarci e trasformarci,
lasciando al buio, il compito di dipingerci a suo piacimento.
Solo così nasceremo di nuovo, all’infinito.
Di: Carmen Vizzutti 4SMSI – A.S. 2023/2024