Dall’antica Roma fino al Basso Medioevo
È risaputo che nel corso della storia molti uomini potenti, oltre ad essere sovrani di regni o imperi, sono stati anche dei famosi autori di trattati o opere letterarie spesso a scopo politico (per esprimere le proprie idee, oppure per denigrare idee o opere di altri autori, contemporanei o più vecchi), oppure scrivevano solo per scopo ricreativo (anche se questo è molto meno comune).
Ecco quindi una selezione di alcuni dei più grandi sovrani che si sono anche cimentati nella scrittura e alcuni dei loro scritti più famosi.
Gaio Giulio Cesare
Tra le mille qualità e l’infinità di ruoli ricoperti nella Repubblica romana, Cesare si dilettò anche nella scrittura. Il suo scritto più famoso, Il “Commentarii de bello Gallico”, (conosciuto anche come “De bello Gallico”), è il racconto della guerra che guidò personalmente contro il popolo dei Galli in Gallia (l’attuale Francia). Cesare, in questo libro, descrisse minuziosamente la sua campagna militare, inserendo nella narrazione molte curiosità sugli usi e sui costumi delle tribù barbariche con cui veniva a contatto, oltre a tentare, nello stesso tempo, di difendere il proprio operato. L’opera è stata scritta in 8 anni e non parla solo della guerra contro i Galli, ma parla anche di guerre contro altri popoli, racconta le prime due spedizioni in Britannia, parla di varie ribellioni, parla anche di uno dei più grandi capi Gallici di tutti i tempi, Vercingetorige (Vercingetorix in latino). Purtroppo della guerra tra i popoli gallici e Roma non abbiamo la versione scritta da condottieri galli come Vercingetorige perché vennero tutti uccisi prima di poter raccontare la guerra dal loro punto di vista.
Imperatore Claudio
Nonostante abbia accantonato i suoi studi una volta asceso al trono, il nipote di Tiberio aveva un particolare interesse nei confronti della storia antica. Escluso dalla vita politica per molto tempo, in quanto ritenuto poco adatto per la successione, egli si dedicò così allo studio approfondito di più argomenti. Famose sono l’opera in cui analizzava le vicende di Cartagine, un trattato a favore di Cicerone, uno sul gioco dei dadi e uno sulla lingua etrusca. Quest’ultimo è forse il più interessante tra gli scritti dell’imperatore. Chiamato “Tyrrhenika”, è un’opera in venti libri dell’imperatore Claudio redatta in greco e andata perduta. L’interesse dell’imperatore nei confronti dell’etruscologia è testimoniato dal suo matrimonio con Plauzia Urgulanina, la cui nonna apparteneva ad una famiglia di origini etrusche. L’opera era una storia del popolo etrusco. Dalla “tabula claudiana”, che riporta un discorso di Claudio al Senato romano, sappiamo che al suo interno era presente un capitolo riguardante il sesto re di Roma, Servio Tullio, chiamato Mastarna in etrusco. È stato ipotizzato che le Tyrrhenika contenessero affermazioni filo etrusche, e che questa sia una delle ragioni per cui l’opera sia poi andata perduta.
Federico II di Svevia
Lo “stupor mundi” riesce ancora a stupire chi va a leggere dei suoi esperimenti, della sua vita e soprattutto delle sue opere. La più peculiare delle sue opere letterarie è sicuramente “De arte venandi cum avibus”, un trattato sulla falconeria. L’opera è conservata ai musei vaticani, è composta da 111 pergamene ed è divisa in sei libri che parlano di diversi argomenti come la classificazione e la descrizione degli uccelli, delle attrezzature per esercitare la falconeria, delle modalità della cattura dei falchi e della loro nutrizione, dell’addestramento, delle complesse fasi dell’addestramento dei falchi e l’addestramento con specifici volatili della famiglia dei falchi. Nella scrittura di questo trattato Federico II aveva la disponibilità di altri trattati sulla falconeria come il “De arte bensandi” di un cavaliere tedesco autore anche di un trattato sulla caccia, ed il “De scentia venandi per aves” di uno scrittore arabo conosciuto in europa con il nome “Moamyn”.
Cristiano Biondini – 3AAT